La depurazione delle acque può avvenire anche grazie alla presenza di specie vegetali. Due, in particolare, sarebbero in grado di rimuovere dal 60 al 90% dei metalli pesanti e dei farmaci presenti nelle acque reflue.
Questo il risultato dello studio su alcune piante acquatiche galleggianti, condotto dai ricercatori dei dipartimenti di Biologia e Chimica dell’Università di Firenze, in collaborazione con Dida (Gestione Impianti Depurazione Acque).
Il contributo dei sistemi vegetali alle tecniche naturali (fitodepurazione) per il trattamento delle acque
Lo studio ha esaminato la capacità di due macrofite, la felce acquatica (Azolla filiculoides) e la lenticchia d’acqua (Lemna minuta), nella rimozione di alcuni metalli pesanti (ferro, alluminio e cromo) e di alcuni composti farmaceutici (il diclofenac e la levofloxacina) solitamente presenti nelle acque di scarico derivanti dalle attività domestiche, agricole e industriali.
Gli esperimenti, condotti in laboratori in condizioni di luce, temperatura e umidità controllate, hanno evidenziato che, in presenza dei contaminanti, le due specie assorbono una tossicità pressoché nulla, mentre l’alluminio e la levofloxacina sembrano addirittura avere un effetto stimolante sulla crescita delle suddette piante.
Risultati eccellenti per la salvaguardia dei corsi d’acqua
Secondo i ricercatori, le due piante galleggianti riuscirebbero a ridurre le concentrazioni di ferro, alluminio e levofloxacina, con valori pari, rispettivamente, al 90%, 97% e 60%.
La scelta di prendere in esame il ferro e l’alluminio è scaturita dal fatto che questi due metalli vengono ampiamente usati come agenti coagulanti nel trattamento delle acque reflue, favorendo la precipitazione delle sostanze sospese mentre, per quanto riguarda la levofloxacina, presente in antinfiammatori e antibiotici, è una sostanza comunemente rilevata nelle acque superficiali.