Quale sarà il futuro delle imprese italiane dopo la transizione circolare? Il Circular Economy Report 2021 ha fornito approfondimenti legati all’economia circolare, alla crescita rigenerativa ed ai relativi vantaggi rispetto al consumo lineare.
Il modello di economia lineare, caratterizzato da alti prelievi di risorse e materiali dalle attività di trasformazione e consumo e da un’elevata produzione di rifiuti, non è più sostenibile. Per questo motivo, bisogna puntare sempre di più su una crescita rigenerativa che solo l’economia circolare può garantire. In tal senso, il Circular Economy Report, redatto dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano, ha individuato alcuni dei benefici dell’economia circolare:
– Notevoli risparmi di materiale e ridotta esposizione alla volatilità dei prezzi: la Ellen MacArthur Foundation ha stimato che, nelle industrie di prodotti complessi di media durata, l’economia circolare rappresenta un risparmio netto sui costi dei materiali a livello dell’Unione europea (UE) per uno scenario «avanzato» fino a $ 630 miliardi all’anno;
– Aumento del potenziale di innovazione e creazione di posti di lavoro: la circolarità come «dispositivo di ripensamento» ha dimostrato di essere un nuovo e potente «strumento», capace di innescare soluzioni creative e stimolare l’innovazione;
– Maggiore resilienza nei sistemi viventi e nell’economia: il degrado del suolo costa circa 40 miliardi di dollari all’anno in tutto il mondo: una maggiore produttività del suolo, meno sprechi nella catena del valore alimentare e il ritorno dei nutrienti nel suolo aumenteranno il valore della terra e del suolo come attività.
L’economia circolare può essere letta come un nuovo approccio industriale che mira a trasformare radicalmente il modo con cui utilizziamo le risorse, dando vita a sistemi di produzione chiusi, in cui le risorse vengono riutilizzate e mantenute in un ciclo di produzione e utilizzo, consentendo di generare più valore e per un periodo più lungo.
La sensibilità del sistema economico verso l’economia circolare
L’indagine condotta da E&S Group su 150 imprese in 4 macro-settori industriali, ha delineato la sensibilità del nostro sistema economico verso il passaggio all’economia circolare. Per ogni azienda, in ciascun settore, gli esperti hanno analizzato le pratiche adottate e gli ostacoli che ancora ne impediscono la diffusione.
I contesti produttivi presi in esame sono:
Costruzioni: opere di ingegneria civile (strade, ferrovie, ponti e gallerie), lavori di costruzione e altre opere specializzate (ristrutturazioni, demolizioni e ricostruzioni)
Automotive: aziende che si occupano di progettazione, costruzione e vendita di veicoli e relativi componenti
Impiantistica Industriale: realizzazione di apparecchiature elettriche e macchinari destinati all’industria (motori, sistemi per movimentazione, attrezzature per refrigerazione e ventilazione)
Resource & Energy Recovery: raccolta rifiuti, recupero e smaltimento di rifiuti biologici, gestione di impianti per la produzione di energia elettrica attraverso biomasse.
Il 62% delle aziende intervistate ha implementato almeno una pratica di economia circolare o ha giocato un ruolo di supporto ad altre imprese nelle loro iniziative circolari (10%). Quanto al restante 38%, il 14% dichiara la volontà di adottare almeno una pratica di economia circolare nel prossimo triennio mentre e solo il 24% si è dimostrato indifferente.
Marco Scarrone, Responsabile Consulenza & Progetti Ambientali di Sersys Ambiente (azienda leader nella realizzazione di progetti di monitoraggio ambientale, bonifiche, rifiuti e trattamento acque reflue), nel suo intervento, ha evidenziato come “l’economia circolare costituisca un aspetto fondamentale per il nostro business, che dovrà essere sempre di più ecosostenibile. Ci stiamo concentrando su attività legate al recupero dei suoli inquinati, all’efficienza e riuso delle acque nei processi industriali, ma anche in progetti di biogas e biometano che consentono di ridurre emissioni di Co2”.
Una strada ancora in salita
L’incertezza governativa, i costi di investimento e le tempistiche di realizzazione, sono solo alcune delle barriere con cui si trovano ad avere a che fare le aziende.
La mancanza di un programma strategico impatta in modo considerevole sull’adozione di pratiche manageriali per l’economia circolare. A questa prima barriera, bisogna poi considerare i costi relativi agli investimenti che le imprese devono sostenere per l’implementazione di tali pratiche, oltre all’iter autorizzativo (permitting), altra forte barriera per lo sviluppo di nuovi impianti. Fattori in cui la capacità dell’azienda di agire è molto limitata.
Sono diverse le azioni di policy che il Circular Economy Report ritiene necessarie per supportare la transizione, tra cui: la soluzione al problema dell’end of waste; un fast track autorizzativo per best practice tecnologiche; agevolazioni per l’eco-design e per un utilizzo più efficace di materiali e risorse; sviluppo di nuova capacità rinnovabile e ammodernamento degli impianti esistenti.